
La formazione al completo dei Real Estate.
Non si può parlare del pop anni ’10 senza almeno una scheda dedicata ai Real Estate. Il quintetto originario del New Jersey nel corso degli anni ha prodotto un suono sempre più definito, a metà fra Fleet Foxes e Beach Boys, che nessuno sa replicare con tale maestria. Ripercorriamone la carriera e le caratteristiche più importanti.
“Real Estate”, 2009
L’esordio di Courtney e co. già delinea il sound del gruppo: ritmi solari, canzoni vivaci e serene, vocalizzi di assoluto livello. Cose magari già sentite, ma non per questo meno affascinanti: a partire da Beach Comber, primo brano nella tracklist, ci si immerge volentieri nelle atmosfere create dai Real Estate.
Altri brani da segnalare sono la breve canzone strumentale Atlantic City, la buffissima Suburban Beverage (con testo composto solamente dalla strofa “Budweiser and Sprite, do you feel alright?”) e Black Lake. Solamente Let’s Rock The Beach è ripetitiva, ma è un peccato veniale in un CD altrimenti pregevole. Insomma, una buonissima introduzione al mondo dei Real Estate. Voto: 8.
“Days”, 2011
Eccolo qua il capolavoro (ad oggi) della discografia dei Real Estate: con “Days” la band statunitense raggiunge probabilmente il risultato massimo ottenibile con la formula che caratterizza il loro genere musicale. Dopo il breve EP “Reality” (voto 7, notevole Dumb Luck), i ragazzi hanno infatti sfoderato un vero “colpo da maestro”.
Dieci brani pressoché perfetti, coesi e senza passi falsi: si va dal soft rock di Out Of Tune alla travolgente cavalcata di All The Same, dal pop elegante di Green Aisles alla bellissima It’s Real. Il capolavoro vero è però Municipality, un brano degno dei migliori Beach Boys. In generale, in un 2011 caratterizzato da rivali di assoluto rilievo (Bon Iver, M83 e Fleet Foxes, per esempio), “Days” si staglia come uno dei migliori lavori non solo di quell’anno, ma anche del decennio. Voto: 9.
“Atlas”, 2014
Replicare il successo di pubblico e di critica del pluripremiato “Days” non era semplice; i Real Estate decisero di mantenersi nel solco già tracciato con il precedente lavoro, cercando nel contempo di introdurre qualche gustosa novità.
Operazione riuscita in pieno: pur non raggiungendo le vette di “Days”, anche questo “Atlas” non è per nulla male: soprattutto le iniziali Had To Hear e Talking Backwards colpiscono positivamente. Anche The Bend e Crime tuttavia non sfigurano. In conclusione, un altro ottimo lavoro di questo ormai oliato ingranaggio, che sembra incapace di sbagliare completamente un LP. Voto: 8,5.
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