Scheda: Vampire Weekend

Vampire Weekend

I Vampire Weekend fino al 2015.

La mossa a sorpresa di Rostam Batmanglij, tastierista e mente principale dei Vampire Weekend, di lasciare il gruppo ha lasciato i fan della band newyorkese in ansia: i VW ritorneranno ai loro brillanti livelli anche dopo questa perdita? Oppure imploderanno? La preoccupazione è legittima: nel corso di una carriera costellata da tre ottimi CD, i Vampire avevano costruito un suono variegato e affascinante, fatto di rimandi all’indie dei primi anni 2000 e intarsi di pop raffinato. Analizziamone la produzione.

“Vampire Weekend”, 2008

VW album

Un debutto con un suono così fresco e innovativo erano anni che non lo sentivamo: “Vampire Weekend” colpisce per l’apparente noncuranza con cui è stato fabbricato, che nasconde in realtà una band capace di coagulare al meglio una moltitudine di diverse influenze (afro, indie, pop…) in modo quasi sempre efficace.

L’inizio è molto “strokesiano”, o almeno chiaramente indie: Mansard Roof, la deliziosa Oxford Comma e la celeberrima A-Punk stregano subito l’ascoltatore. Ma l’album prosegue ancora meglio: la bellissima M79 e la africaneggiante Cape Cod Kwassa Kwassa colpiscono, niente da dire. Non male poi la conclusiva The Kids Don’t Stand A Chance, a sottolineare la vena pop dei Vampire Weekend. Musica per hipster? Forse, ma senza dubbio ottima musica.

“Vampire Weekend” non cambierà la storia della musica, ma certamente ha portato una ventata di creatività salvifica nel panorama musicale. Voto: 8.

“Contra”, 2010

vampireweekend_contra

Il rischio dei secondi album di band talentuose ma fondamentalmente “conservatrici” è quello di tentare di ripetere il primo, riuscendoci solo a tratti. Questo è il caso di Strokes, Interpol, Bloc Party e Franz Ferdinand, per dirne alcuni celebri. Ma “Contra”, secondo CD dei Vampire Weekend, non compie questo errore: la band riesce ad ampliare notevolmente il proprio range sonoro, aprendo ad atmosfere alla Bon Iver e Radiohead.

Se infatti l’inizio ricalca l’indie scanzonato di “Vampire Weekend”, il bell’esordio del 2008, con brani veloci e ben fatti come Horchata, White Sky e Holiday, la parte centrale (per esempio con Run o Taxi Cub) ma soprattutto l’ultimo tratto dell’album aprono a sonorità nuove e potenzialmente di radicale cambiamento: basti ascoltare Giving Up The Gun o Diplomat’s Son, lunga addirittura 6 minuti!

In conclusione, i Vampire Weekend, anche se non sempre centrano il bersaglio, restano ancora una band su cui puntare: possiamo dire una start up, ancora in divenire, ma con una prospettiva a 5 stelle. Voto: 8.

“Modern Vampires Of The City”, 2013

modern vampires of the city

Ricordate i Vampire Weekend? Quella band americana indie rock, ma che sapeva anche essere complessa, particolarmente nel suo secondo lavoro “Contra”? Beh, sono spariti. Scomparsi. Caput. Ma allora la domanda vi sorgerà spontanea: chi sono questi omonimi cantanti autori di “Modern Vampires Of The City”? Sono sempre loro, ma completamente trasformati. Ma proprio completamente.

L’inizio già è abbastanza spiazzante: Obvious Bicycle comincia molto lenta, quasi come un pezzo dei Wilco, ma poi cresce, fino a diventare irresistibile. Stesso effetto con la successiva Unbelievers, ma la perla vera del lavoro è Hannah Hunt, che rievoca le atmosfere di “Contra”, ma con un suono davvero pop, apparentemente discordante con i precedenti CD del gruppo, particolarmente “Vampire Weekend”, l’esordio molto più facile e diretto.

Infatti, al primo ascolto “Modern Vampires…” può apparire strano e sconclusionato, ma alla lunga si apprezza il festival sonoro messo su dai 4 newyorkesi, con pezzi come le già citate Hannah Hunt e Obvious Bicycle, ma non solo: non male anche Everlasting Arms e Finger Back. Molto riuscita la raffinata Step, una delle migliori prove canore della carriera del frontman Ezra Koenig. Meno riuscita la bizzarra Ya Hey, mentre colpisce positivamente il post-rock di Hudson e lo spleen di Young Lion, degna chiusura di un grande disco come “Modern Vampires Of The City”. Voto: 9.

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