Cosa ci eravamo persi?

Fino ad ora, il 2016 è stato un ottimo anno per la musica: grandi ritorni (Beyoncé e Radiohead su tutti), dischi di addio che resteranno nella storia (“Blackstar” del compianto David Bowie) e gustose novità (come Anderson .Paak e Car Seat Headrest). Può però capitare di aver mancato o dimenticato di ascoltare dei lavori lodati dalla critica e dal pubblico, a causa dell’abbondante (diciamo anche eccessivo) materiale da analizzare. Ecco perché presentiamo questo articolo: altri tre consigli musicali provenienti da artisti apprezzati, pubblicati nei mesi scorsi. Abbiamo il terzo mixtape di Chance The Rapper, il nuovo lavoro del paladino dell’alternative country Sturgill Simpson e il ritorno dei Weezer.

“Coloring Book”, Chance The Rapper

coloring book

Il terzo mixtape del talentuoso Chance The Rapper è probabilmente il suo miglior lavoro fino ad ora. Il forte afflato religioso che pervade tutto l’album aggiunge al consueto hip hop dell’artista un tocco gospel e affascina ancora di più l’ascoltatore. I pezzi davvero da ricordare sono No Problem, Summer Friends e Same Drugs (una piccola Pyramids). Nessuno dei 14 brani del resto è davvero fuori posto: i più deboli sono la collaborazione con Future (Smoke Break) e Mixtape, ma per il resto la qualità è davvero altissima. Possiamo senza dubbio premiare “Coloring Book” col titolo di miglior CD di musica black dell’anno, fino ad ora almeno. In attesa di Frank Ocean…

Voto finale: 8,5.

“A Sailor’s Guide To Earth”, Sturgill Simpson

Sturgill-Simpson

Può il country regalare emozioni al di fuori degli Stati Uniti? Sì, se il cantante riesce a veicolare messaggi universali con orchestrazioni non banali, come invece accade nel caso di molti musicisti country più “tradizionali”. Ebbene, Sturgill Simpson riesce a fare suo questo insegnamento nel suo terzo LP “A Sailor’s Guide To Earth”: colpiscono soprattutto l’uso di strumenti inusuali per il genere, come trombe e sassofono, e i frequenti cambi di ritmo presenti nelle 9 canzoni che compongono l’album. Tra di esse ricordiamo in particolare Welcome To Earth (Pollywog), Breakers Roar e la conclusiva Call To Arms. Meno riuscita la ballata Oh Sarah, ma i risultati complessivi sono comunque davvero lodevoli.

Voto finale: 8.

“Weezer (The White Album)”, Weezer

white album

Rivers Cuomo e compagni sono ormai giunti all’undicesimo album di inediti. Una carriera da veterani, con alcuni alti (i primi due CD, soprattutto l’immortale “Pinkerton”) e molti bassi (tutti gli anni ’00 del XXI secolo sono pressoché da buttare). Dopo essersi imbarcati in un album verde, uno blu e uno rosso, i Weezer si lanciano ora nel loro personale “album bianco”: niente a che vedere con il grande lavoro dei Beatles, ovviamente, ma i risultati sono incoraggianti. Abbiamo un LP veloce e solare, perfetto per la torrida estate 2016: tra gli highlights abbiamo California Kids, L.A. Girlz e Jacked Up. Niente di trascendentale, ma l’ascolto del CD implicherà 35 minuti spesi bene.

Voto finale: 7,5.

Rising: Car Seat Headrest & Whitney

Ritorna la rubrica “Rising” con altre due intriganti novità della scena musicale: l’indie rock scanzonato dei Car Seat Headrest e il pop-folk “estivo” del duo Whitney. Entrambi i loro nuovi dischi si candidano ad entrare nella lista dei migliori album del 2016; procediamo alla loro analisi.

Car Seat Headrest, “Teens Of Denial”

teens of denial

Il secondo album di Toledo e co. per l’etichetta Matador conferma come i Car Seat Headrest (nome alquanto incomprensibile, ma tant’è) siano una delle realtà più interessanti del nuovo indie rock mondiale. Un album molto lungo e per certi versi difficile, questo “Teens Of Denial”: oltre 70 minuti di durata, brani molto lunghi (uno addirittura oltre 12 minuti!) e continui cambi di ritmo. Proprio qui, del resto, risiede il fascino del CD: Toledo, con voce sempre intonata e sul pezzo, descrive gli effetti che il consumo di droghe ha su di lui e sui suoi amici, tanto che il lavoro diventa un vero e proprio inno contro il consumo di stupefacenti.

Belle canzoni ne abbiamo: dalle due iniziali Fill In The Blank e Vincent, alle infinite (ma gradevoli) Cosmic Hero e The Ballad Of Costa Concordia (vi ricorda qualcosa?), il nuovo LP dei Car Seat Headrest è un trionfo di chitarre rutilanti e batteria potentissima. Tra i migliori album rock dell’anno.

Voto finale: 8.

Whitney, “Light Upon The Lake”

light upon the lake

Il primo lavoro del duo americano, composto da Max Kakacek (ex membro degli Smith Westerns) e Julien Ehrlich (precedentemente nella celebre Unknown Mortal Orchestra), è quasi opposto a quello dei Car Seat Headrest: molto breve, immediato e adatto alla spossante estate che ci attende. Infatti “Light Upon The Lake” dura a malapena 30 minuti: composto da 10 brani veloci ed efficaci, ricorda molto le sonorità di Real Estate e Fleet Foxes, pur non raggiungendo la classe delle due band. Da ricordare in particolare No Woman e il soft rock di The Falls.

In conclusione, non certo un capolavoro o un LP destinato a cambiare il 2016 (tantomeno la storia della musica), però passare mezz’ora ascoltando i Whitney non è certo una brutta esperienza.

Voto finale: 7,5.

Scheda: Tame Impala

tame impala

I Tame Impala: il secondo da sinistra è Kevin Parker, principale mente musicale del gruppo.

I Tame Impala sono un gruppo rock australiano, capitanato dal geniale compositore Kevin Parker, uno dei maggiori artisti della sua generazione. Il loro genere è un efficace mix di psichedelia, pop e geniali intarsi elettronici. Analizziamone insieme la carriera.

“Innerspeaker”, 2010

Innerspeaker

Già l’esordio dei Tame Impala segna quello che sarà il loro percorso successivo: un sound che richiama molto i grandi artisti psichedelici di fine anni ’60-primi anni ’70, oltre a Flaming Lips e Beatles. Parker condisce il tutto con la sua bella voce, molto simile a John Lennon. Gli highlights sono numerosi: ricordiamo in particolare It Is Not Meant To Be, Solitude Is Bliss (il tema della solitudine ritorna molto spesso nei testi dei Tame Impala) e Alter Ego. Bella anche la strumentale Jeremy’s Storm. Insomma, un grande album d’esordio per la band australiana; ma ancora il meglio deve venire. Voto: 8,5.

“Lonerism”, 2012

lonerism

Pubblico e critica erano rimasti ben impressionati da “Innerspeaker” e le attese per il suo successore erano molto alte. I Tame Impala le mantennero, addirittura superando il già brillante esordio. “Lonerism” infatti, oltre a una superiore qualità delle melodie, brilla anche per i bei testi di molti brani del CD. A questo proposito abbiamo le bellissime Why Won’t They Talk To Me? e Elephant, ma sono riuscitissime anche Mind Mischief, Feels Like We Only Go Backwards e la introduttiva Be Above It, che sembra anticipare la svolta elettronica di “Currents”. Insomma, un trionfo di chitarre, batteria e base ritmica: uno dei migliori lavori del 2012. Voto: 9.

“Currents”, 2015

currents

Molti, dopo il bellissimo “Lonerism”, si chiedevano dove sarebbero andati a parare Parker e co. Avremmo assistito ad un ulteriore perfezionamento dello stile rock-psichedelico dei primi due lavori, oppure ad una radicale svolta? La risposta esatta è la seconda. In “Currents” gli australiani scatenano tutta la loro creatività, introducendo interessanti novità nel sound della band. Abbiamo infatti di fronte un album che mescola sapientemente elettronica, funk, R&B e pop anni ’80. I pezzi migliori sono le trascinanti Let It Happen, Eventually e la misteriosa Past Life, ma nessun brano sfigura. In poche parole, un altro capolavoro da parte di una delle band più continue e geniali della nostra epoca musicale. Voto: 9.

Scheda: Arctic Monkeys

arctic monkeys

Gli Arctic Monkeys: il secondo da sinistra è Alex Turner, frontman del gruppo.

Gli Arctic Monkeys, gruppo inglese originario di Sheffield, sono uno dei più importanti esponenti del rock contemporaneo. Fin dalle origini si sono contraddistinti per una forte base ritmica e il grande talento compositivo del frontman Alex Turner (leader anche dei Last Shadow Puppets). Analizziamone la carriera.

“Whatever People Say I Am, That’s What I’m Not”, 2005

Whatever

L’esordio delle “scimmie artiche” inizia a farsi strada anche attraverso Internet e i social network, ancora agli albori: MySpace diffuse a macchia d’olio le cover degli Strokes di questi quattro ragazzi e i primi demo registrati. Sin dalle prime canzoni è ben chiara la formula che caratterizzerà tutto il disco: veloci brani indie rock, con alcuni momenti più intimisti. I risultati sono devastanti: indimenticabili le potenti View From The Afternoon e I Bet You Look Good On The Dancefloor, molto belle anche Mardy Bum e When The Sun Goes Down, ancora oggi classici della band nei live. Il capolavoro è però la conclusiva A Certain Romance: quasi 7 minuti di rutilante batteria e chitarre efficacissime, con grande coda finale solo strumentale. Insomma, uno degli esordi più fulminanti di sempre. Voto: 8,5.

“Favourite Worst Nightmare”, 2007

favourite worst nightmare

Due anni dopo arriva l’attesissimo seguito a “Whatever People Say I Am, That’s What I’m Not”: il rischio di essere sopraffatti era evidente, ma i Monkeys riuscirono a superare brillantemente anche questo esame. Non vi sono innovazioni particolari nei pilastri del sound delle scimmie artiche, solo una maggiore cura ai dettagli e una produzione migliore. Gli highlights sono Teddy Picker, Fluorescent Adolescent e la potente Brianstorm. Altro ottimo pezzo è 505, una delle prime ballate davvero riuscite scritte da Turner. Insomma, i risultati sono più o meno assimilabili all’esordio, cosa non pronosticabile. Voto: 8.

“Humbug”, 2009

humbug

“Humbug” può essere considerato l’album spartiacque nella carriera degli Arctic Monkeys. Davanti a loro si presentavano due strade: continuare a produrre un indie rock efficace quanto si vuole, ma probabilmente ormai usurato; oppure cercare ritmi e suoni alternativi. Turner e co. scelsero questa seconda opzione, cercando ispirazione in Josh Homme dei Queens Of The Stone Age: i risultati furono clamorosi. Le canzoni si fecero più lente, più cupe e l’indie delle origini molto più diluito (giusto Pretty Visitors mantiene la vena istrionica degli inizi). Brani come Crying Lightning, Dangerous Animals e Jeweller’s Hands sarebbero stati inconcepibili solo due anni prima. In poche parole, non un capolavoro, ma certamente un passo avanti decisivo nella fulgida carriera degli AM. Voto: 7,5.

“Suck It And See”, 2011

Suck It And See

L’inizio del nuovo decennio chiedeva un altro passo avanti per gli Arctic Monkeys: dopo un album di transizione come ”Humbug”, cosa proporre a dei fans sorpresi/affranti/ammaliati dalla svolta stoner rock? Turner diede sfogo alla sua vena più romantica e nacque “Suck It And See”. Se il precedente lavoro era stato inizialmente disprezzato dai fan (non dalla critica), il nuovo si proponeva di conquistare frange più pop del pubblico. Il CD è infatti un mix fra dream pop e britpop: i brani migliori sono She’s Thunderstorms, Black Treacle e That’s Where You’re Wrong; da non dimenticare poi Love Is A Laserquest, la canzone più intimista mai composta da Alex Turner. Insomma, un altro passo avanti, in territori inesplorati, per una delle band più “hot” degli ultimi anni. Voto: 7,5.

“AM”, 2013

AM

Una cosa mancava agli Arctic Monkeys per entrare definitivamente nell’Olimpo del rock: il successo in America. Ebbene, “AM” è quello che “The Joshua Tree” è stato per gli U2: la porta d’ingresso per nuove, sconfinate realtà (e un aumento vertiginoso delle vendite). Le scimmie artiche cambiano ancora: si fanno nitidi ora i riferimenti all’hard rock di Black Sabbath e Kiss. Si nota l’influenza di Josh Homme e dei suoi Queens Of The Stone Age, con “Humbug” che ha funto da semplice prova prima del grande salto con “AM”. Resta anche qualcosa di “Suck It And See”, soprattutto in Mad Sounds e No.1 Party Anthem; sono però altri i brani top. Da ricordare sono Arabella, la celeberrima Do I Wanna Know? e la trascinante Why D’You Only Call Me When You’re High?, ma è anche riuscita One For The Road. Gli esordi indie sono ormai dimenticati: Turner e co. sono diventati qualcosa di infinitamente più grande e interessante. Una delle più importanti rock band del mondo. Voto: 8,5.