
Gli Arctic Monkeys: il secondo da sinistra è Alex Turner, frontman del gruppo.
Gli Arctic Monkeys, gruppo inglese originario di Sheffield, sono uno dei più importanti esponenti del rock contemporaneo. Fin dalle origini si sono contraddistinti per una forte base ritmica e il grande talento compositivo del frontman Alex Turner (leader anche dei Last Shadow Puppets). Analizziamone la carriera.
“Whatever People Say I Am, That’s What I’m Not”, 2005
L’esordio delle “scimmie artiche” inizia a farsi strada anche attraverso Internet e i social network, ancora agli albori: MySpace diffuse a macchia d’olio le cover degli Strokes di questi quattro ragazzi e i primi demo registrati. Sin dalle prime canzoni è ben chiara la formula che caratterizzerà tutto il disco: veloci brani indie rock, con alcuni momenti più intimisti. I risultati sono devastanti: indimenticabili le potenti View From The Afternoon e I Bet You Look Good On The Dancefloor, molto belle anche Mardy Bum e When The Sun Goes Down, ancora oggi classici della band nei live. Il capolavoro è però la conclusiva A Certain Romance: quasi 7 minuti di rutilante batteria e chitarre efficacissime, con grande coda finale solo strumentale. Insomma, uno degli esordi più fulminanti di sempre. Voto: 8,5.
“Favourite Worst Nightmare”, 2007
Due anni dopo arriva l’attesissimo seguito a “Whatever People Say I Am, That’s What I’m Not”: il rischio di essere sopraffatti era evidente, ma i Monkeys riuscirono a superare brillantemente anche questo esame. Non vi sono innovazioni particolari nei pilastri del sound delle scimmie artiche, solo una maggiore cura ai dettagli e una produzione migliore. Gli highlights sono Teddy Picker, Fluorescent Adolescent e la potente Brianstorm. Altro ottimo pezzo è 505, una delle prime ballate davvero riuscite scritte da Turner. Insomma, i risultati sono più o meno assimilabili all’esordio, cosa non pronosticabile. Voto: 8.
“Humbug”, 2009
“Humbug” può essere considerato l’album spartiacque nella carriera degli Arctic Monkeys. Davanti a loro si presentavano due strade: continuare a produrre un indie rock efficace quanto si vuole, ma probabilmente ormai usurato; oppure cercare ritmi e suoni alternativi. Turner e co. scelsero questa seconda opzione, cercando ispirazione in Josh Homme dei Queens Of The Stone Age: i risultati furono clamorosi. Le canzoni si fecero più lente, più cupe e l’indie delle origini molto più diluito (giusto Pretty Visitors mantiene la vena istrionica degli inizi). Brani come Crying Lightning, Dangerous Animals e Jeweller’s Hands sarebbero stati inconcepibili solo due anni prima. In poche parole, non un capolavoro, ma certamente un passo avanti decisivo nella fulgida carriera degli AM. Voto: 7,5.
“Suck It And See”, 2011
L’inizio del nuovo decennio chiedeva un altro passo avanti per gli Arctic Monkeys: dopo un album di transizione come ”Humbug”, cosa proporre a dei fans sorpresi/affranti/ammaliati dalla svolta stoner rock? Turner diede sfogo alla sua vena più romantica e nacque “Suck It And See”. Se il precedente lavoro era stato inizialmente disprezzato dai fan (non dalla critica), il nuovo si proponeva di conquistare frange più pop del pubblico. Il CD è infatti un mix fra dream pop e britpop: i brani migliori sono She’s Thunderstorms, Black Treacle e That’s Where You’re Wrong; da non dimenticare poi Love Is A Laserquest, la canzone più intimista mai composta da Alex Turner. Insomma, un altro passo avanti, in territori inesplorati, per una delle band più “hot” degli ultimi anni. Voto: 7,5.
“AM”, 2013
Una cosa mancava agli Arctic Monkeys per entrare definitivamente nell’Olimpo del rock: il successo in America. Ebbene, “AM” è quello che “The Joshua Tree” è stato per gli U2: la porta d’ingresso per nuove, sconfinate realtà (e un aumento vertiginoso delle vendite). Le scimmie artiche cambiano ancora: si fanno nitidi ora i riferimenti all’hard rock di Black Sabbath e Kiss. Si nota l’influenza di Josh Homme e dei suoi Queens Of The Stone Age, con “Humbug” che ha funto da semplice prova prima del grande salto con “AM”. Resta anche qualcosa di “Suck It And See”, soprattutto in Mad Sounds e No.1 Party Anthem; sono però altri i brani top. Da ricordare sono Arabella, la celeberrima Do I Wanna Know? e la trascinante Why D’You Only Call Me When You’re High?, ma è anche riuscita One For The Road. Gli esordi indie sono ormai dimenticati: Turner e co. sono diventati qualcosa di infinitamente più grande e interessante. Una delle più importanti rock band del mondo. Voto: 8,5.
Uno dei mie gruppi preferiti….
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Senza dubbio uno dei migliori gruppi rock al momento in attività! Gli AM non si discutono 🙂
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Tu gli hai visti in spettacolo? io no, ma penso che sarebbe fantastico… magari venissero in Canada..
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Ho avuto la fortuna di vederli a Milano nel 2013, sono davvero forti! Se mai verranno di nuovo spero proprio di tornare a vederli!
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Posso solo immaginare… beato te…
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