Recap: giugno/luglio 2016

Giugno e luglio sono stati mesi cruciali per la scena musicale: accanto a ritorni molto attesi, ma deludenti (su tutti Red Hot Chili Peppers e Blink-182), abbiamo avuto la fortuna di ascoltare CD di livello davvero alto. Ne presentiamo sei: la definitiva affermazione di Blood Orange, il ritorno di Maxwell e dei Deerhoof, il quarto LP della stellina dell’indie Mitski e il nuovo album di Natasha Khan aka Bat For Lashes. Ah, dimenticavo: anche gli Avalanches sono tornati a suonare insieme dopo 16 anni di pausa… Avete capito bene: sono stati 61 giorni piuttosto “densi” di avvenimenti musicalmente importanti! Ma andiamo con ordine.

Blood Orange, “Freetown Sound”

freetown sound

La musica black ha trovato in Devonté Hynes (conosciuto con il nome d’arte di Blood Orange) un nuovo grande interprete: pur non inventando nulla di nuovo, il giovane cantante pubblica un CD molto bello, caratterizzato da tematiche difficili come le lotte razziali passate e presenti che hanno colpito gli Stati Uniti e le diseguaglianze rintracciabili nella società americana. Musicalmente, Hynes recupera le sonorità di Prince e Michael Jackson, creando un mix di funk, soul e hip hop molto affascinante. I migliori brani sono Augustine, Best To You, Juicy 1-4 e Hadron Collider (dove canta Nelly Furtado). Da sottolineare le collaborazioni presenti nel CD: oltre a Furtado abbiamo Carly Rae Jepsen e Debbie Harry, altri due pezzi grossi della musica pop contemporanea e del recente passato.

“Freetown Sound” sarà troppo lungo e a volte meno efficace (troppi gli intermezzi musicali, per esempio), ma i risultati complessivi sono notevoli. Serio candidato alla top 10 finale.

Voto finale: 8,5.

The Avalanches, “Wildflower”

wildflower

Il loro debutto nell’ormai lontano 2000, “Since I Left You”, fu una incredibile ventata di novità nel mondo dell’elettronica di quegli anni: il gruppo australiano degli Avalanches, infatti, fuse tra di loro infiniti samples (circa 3500 secondo le stime più attendibili) di canzoni di ogni genere (soul, hip hop, pop…) per creare una miscellanea affascinante e ancora oggi bellissima da ascoltare.

Questo “Wildflower” poteva essere un flop clamoroso, invece conferma una volta di più la bravura degli Avalanches: nei 21 pezzi che compongono il CD, molti brevissimi e altri più lunghi, spiccano Because I’m Me, la gioiosa Colours e la divertente The Noisy Eater (in cui viene campionata Come Together dei Beatles). Insomma, un ritorno con i fiocchi per una band di cui si erano perse le tracce per troppo tempo.

Voto finale: 8.

Maxwell, “BlackSUMMERS’night”

maxwell

Con Maxwell dobbiamo rassegnarci: si avrà un CD di nuova musica una volta ogni 5-10 anni, ma possiamo star certi che la qualità sarà invidiabile. Questo “BlackSUMMERS’night” segue l’omonimo “BLACKsummers’night” di ben 7 anni fa: l’ironia del cantante nella scelta dei titoli è evidente, così come la classe e il talento di Maxwell. Questo quinto album di inediti ce lo riconsegna in piena forma: la vena soul non è scomparsa, tuttavia notiamo occasionali incursioni di pop e hip hop nelle ritmiche dei brani. I migliori sono All The Ways Love Can Feel, la nostalgica 1990x (già il titolo dice tutto) e Lost (che addirittura ricorda i Muse di Feeling Good).

Notiamo come i due simboli del movimento neo-soul americano degli anni ’90 (Maxwell e D’Angelo) siano recentemente tornati in piena forma: prima D’Angelo con il magnifico “Black Messiah” (2014), ora Maxwell. E l’ispirazione si è mantenuta ad alti livelli, come se il tempo non fosse passato.

Voto finale: 8.

Mitski, “Puberty 2”

mitski

La giovane cantante di origine asiatica Mitski, giunta già al quarto LP, si conferma una grande promessa dell’indie rock mondiale. “Puberty 2” è infatti il risultato di un attento mix di generi, in particolare rock, pop ed elettronica. Non ne esce un lavoro confuso, anzi abbiamo uno dei migliori CD rock dell’anno: pezzi come Happy, Your Best American Girl e I Bet On Losing Dogs sono davvero riusciti. Dan The Dancer, infine, ricorda gli Strokes.

Non un capolavoro, in poche parole, ma certamente una mezz’ora passata ascoltando buona, anzi buonissima musica.

Voto finale: 8.

Bat For Lashes, “The Bride”

the bride

Natasha Khan (nota musicalmente come Bat For Lashes) si conferma una delle artiste più costanti sulla scena pop mondiale. Giunta al quarto lavoro di inediti, la cantautrice inglese mantiene la vena barocca dei precedenti LP, ma azzarda ancora di più tematicamente. Infatti, “The Bride” racconta la storia di una sposa che, il giorno del matrimonio, vede morire il suo futuro marito in un incidente stradale. Il CD inizia infatti con la gioia della sposa per questo giorno speciale, per poi passare alla paura per i presagi avuti (in Joe’s Dream), alla disperazione e al tentativo di assimilare quanto accaduto.

Non tutto è perfetto (la parte centrale dell’album è infatti troppo lenta), ma brani come la già citata Joe’s Dream e la tenera Honeymooning Alone non possono restare indifferenti. “The Bride” rappresenta la trama perfetta per un film e una più che degna colonna sonora: complimenti alla britannica Khan per il coraggio dimostrato.

Voto finale: 7,5.

 Deerhoof, “The Magic”

deerhoof

Il quartetto americano dei Deerhoof rappresenta un pilastro per chi apprezza la musica rock più sperimentale e ardita. Giunti al tredicesimo (!) album di inediti, sarebbe stato plausibile aspettarsi un declino nell’ispirazione; tuttavia, i risultati sono comunque discreti. Le chitarre sono forti come non mai e la batteria scandisce il frenetico ritmo delle canzoni: niente di speciale, ma non ci possiamo lamentare. I pezzi migliori sono Criminals Of The Dream e Learning To Apologize Effectively; convince meno la conclusiva Nurse Me.

Voto finale: 7.

Scheda: Neon Indian

palomo

Alan Palomo, la mente dietro il progetto Neon Indian.

Il progetto Neon Indian è fondamentalmente l’idea di Alan Palomo, musicista di origine messicana autore di uno dei mix più intriganti sulla scena musicale moderna. Palomo mescola infatti funk, elettronica e musica chill-wave, arrivando a produrre canzoni gradevoli e molto “estive”, sulla scorta di Jamiroquai e Prince soprattutto. Ma andiamo con ordine.

“Psychic Chasms”, 2009

psychic chasms

L’esordio dei Neon Indian è subito indicativo dei pilastri della loro produzione: canzoni orecchiabili e ballabili, synth molto in evidenza e la voce di Palomo a legare il tutto. Album breve, ma comunque interessante: tra gli highlights abbiamo Deadbeat Summer, Terminally Chill e la title track. Non male anche 6669 (I Don’t Know If You Know) ed Ephemeral Artery. Insomma, un CD che ha influenzato (e non poco) la scena dei primi anni ’10. Voto: 8.

“Era Extraña”, 2011

era extrana

Dopo due anni, Palomo e compagni tornano con “Era Extraña”: un album più maturo del predecessore, ma anche meno immediato. Le sonorità si fanno più cupe e i ritmi meno ballabili; abbiamo comunque pezzi notevoli. Tra di essi ricordiamo Polish Girl, Hex Girlfriend e la trascinante Future Sick. Potremmo definirlo un album di transizione, ma potrebbe risultare ingeneroso: “Era Extraña” mantiene infatti alto il livello medio della produzione dei Neon Indian e varia il loro spettro sonoro. Cose non da poco. Voto: 7,5.

“VEGA INTL. Night School”, 2015

vega intl

Quattro anni di silenzio hanno permesso a Palomo di assimilare ancora di più la musica dei maestri (su tutti Michael Jackson e Prince) e produrre così un LP davvero notevole. I richiami alla musica anni ’80 sono chiari, ma stupisce soprattutto la coesione (sia sonora che tematica) del CD. I beat non finiscono mai di fluire fino alla conclusione e Palomo narra storie di ordinaria criminalità nella Los Angeles del passato. Non tutti i brani sono perfetti, ma Annie, Slumlord e The Glitzy Hive non possono lasciare indifferenti. Il CD più vario dei Neon Indian è servito. Voto: 8.

Scheda: The Rapture

the rapture

Gli ex componenti degli statunitensi Rapture.

Scioltisi nel 2014, i Rapture sono stati un gruppo indie rock statunitense altamente innovativo. La scuderia della DFA, la casa discografica emblema della scena rock-elettronica anni 2000 (comandata da James Murphy degli LCD Soundsystem), aveva infatti prodotto, soprattutto nei primi lavori del complesso, un ottimo mix di post-punk e rock scanzonato. Nessuno ha suonato come i Rapture, almeno per qualche anno. Ma andiamo con ordine.

“Echoes”, 2003

echoes

L’esordio dei Rapture riscuote un immediato successo di critica: proclamato album dell’anno da Pitchfork, è senza dubbio uno dei più innovativi dello scorso decennio. Brani davvero buoni ne abbiamo: tra di essi in particolare la title track, House Of Jealous Lovers e la doppietta iniziale composta da Olio e Heaven. La voce di Luke Jenner aggiunge forza all’insieme. Insomma, uno dei CD da ascoltare per capire la scena indie degli anni ’00. Voto: 8,5.

“Pieces Of The People We Love”, 2006

pieces of the people we love

Al secondo lavoro, i Rapture cercano di cambiare parzialmente il loro sound: meno “cowbells” e maggiore ricerca della melodia. Un disco più pop, dunque, per certi versi. Molti storcono il naso, ma il pubblico dimostra di apprezzare la decisione. Tra le canzoni più riuscite abbiamo Get Myself Into It, la celebre Whoo! Alright-Yeah…Uh Huh e la potente First Gear. Niente di eccezionale, ma certamente un discreto disco indie rock. Voto: 7,5.

“In The Grace Of Your Love”, 2011

in the grace of your love

L’ultimo disco (ad oggi) dei Rapture contiene una inattesa svolta dance: bisogna dare atto al gruppo di voler sempre cambiare registro, cosa non comune. Non tutto gira alla perfezione, ma alcune melodie sono innegabilmente belle. Tra di esse contiamo la title track, la ipnotica Roller Coaster e la danzereccia How Deep Is Your Love?. Il tema dominante, come si intuisce, è proprio l’amore. Amore di Jenner per il padre e dei Rapture per la musica; peccato che la loro breve storia assieme sia finita così presto, ma i tre LP del gruppo non rimarranno nel dimenticatoio. Voto: 7.

Scheda: Disclosure

disclosure

I fratelli Lawrence, vale a dire i componenti dei Disclosure.

I fratelli Lawrence, meglio conosciuti con il nome d’arte Disclosure, originari dell’Inghilterra (precisamente del Surrey), hanno rivoluzionato la scena house inglese e acquistato notorietà mondiale, fino a suonare alla Casa Bianca. Non una cosa da poco per chi ha all’attivo solo due album, oltre a un EP e a vari remix. Analizziamone la carriera.

“Settle”, 2013

settle

All’esordio, i fratelli fanno già il pieno, sia di critiche positive che di vendite. “Settle” è infatti uno dei migliori album di musica dance del 2013, abilissimo nel mescolare la house anni ’80 con i ritmi più moderni. Notevoli anche le collaborazioni: abbiamo infatti tra gli altri Sam Smith, Mary J. Blige, AlunaGeorge… Insomma, pezzi da 90 della musica contemporanea. Tra i migliori brani abbiamo la celeberrima Latch, la trascinante When A Fire Starts To Burn, Voices e la più intima Help Me Lose My Mind. In poche parole, un ottimo inizio per Guy e Howard Lawrence. Voto: 8,5.

“Caracal”, 2015

caracal

Replicare un successo delle dimensioni di “Settle” era francamente difficile: i due Lawrence tentano di rallentare i ritmi e i pezzi si fanno più pop. Non tutto è perfetto, i risultati lo testimoniano; è anche vero però che le visualizzazioni su YouTube non accennano a diminuire e il loro successo aumenta progressivamente. Tra le canzoni più riuscite si contano Willing & Able e Holding On. Una leggera sensazione di delusione ci sta, ma non parliamo di un fallimento. Voto: 7.

I ragazzi hanno anche recentemente rilasciato il breve EP “Moog For Love” (voto 6,5): niente di che, ma un ulteriore segnale che i Disclosure sono qua per restare al centro dell’attenzione di critica e pubblico. Il migliore brano è la lenta Feel Like I Do, mentre la meno centrata è proprio la title track.

Scheda: The Killers

The Killers

Una bella foto dei Killers.

I Killers, band losangelina nata nei primi anni 2000, ha all’attivo quattro album di pura nostalgia musicale: con uno stile che si rifà a Police, U2 e lo Springsteen delle origini, senza dimenticare i Queen, i quattro membri del gruppo sono assurti al ruolo di superstar mondiali, malgrado un ultimo album davvero debole. Ma andiamo con ordine.

“Hot Fuss”, 2004

hot fuss

Il primo album della band capitanata da Brandon Flowers può essere diviso in due parti uguali per numero di canzoni, ma decisamente differenti come qualità. Nella prima infatti sono posti alcuni dei più grandi successi dei Killers, facilmente rientranti nei greatest hits delle più belle canzoni del decennio scorso (bastano i titoli: Somebody Told Me, Mr Brightside e All These Things That I’ve Done). Poi nella seconda metà il lavoro si fa più prevedibile, ma la conclusiva Glamorous Indie Rock And Roll risolleva il voto. In conclusione: 10+7=8,5. Ecco la votazione finale del CD. Voto: 8,5.

“Sam’s Town”, 2006

sam's town

I Killers, dopo un album osannato dal pubblico di mezzo mondo (meno dalla critica), spingono ancora di più il piede sull’acceleratore. Lo stile si fa ancora più pomposo e i quattro presentano una sorta di concept album su Sam’s Town, a cui il titolo allude. Non tutto è perfetto, ma colpisce la coesione sonora che pervade il lavoro. Gli highlights sono la title track, When You Were Young e Read My Mind, altro grande successo del complesso. Il voto non può che essere equivalente a quello del sottovalutato “Hot Fuss”: sono due album invecchiati benissimo, ancora oggi orecchiabilissimi. Non si può dire lo stesso di molti altri LP lodati a loro tempo dai critici… Voto: 8,5.

“Day & Age”, 2008

day & age

In un certo senso, “Day & Age” è un passo avanti importante nella discografia dei Killers: è il primo CD in cui non viene aumentato il tasso di sfarzosità delle orchestrazioni, quasi a voler tornare sì agli anni ’80 di Queen e co., ma con giudizio. Belle canzoni non mancano: tra di esse in particolare abbiamo Spaceman, la celeberrima Human e Losing Touch. Purtroppo, è proprio da questo terzo CD che inizia la (apparente) parabola discendente del gruppo. Voto: 7,5.

“Battle Born”, 2012

battle born

Dopo essersi presi una lunga pausa, i Killers tornano con “Battle Born”: un album dunque sull’energia e la voglia di vivere tipici degli Stati Uniti. Peccato che il loro album più americano sia anche un inatteso fiasco: nessun brano trascinante, troppe canzoni lunghe e monotone… Insomma, un fallimento vero e proprio. Si salva giusto il singolo Runaway, ma è troppo poco per la sufficienza. Speriamo che in futuro Flowers e soci tornino agli antichi livelli. Voto: 4,5.

Scheda: Franz Ferdinand

Franz Ferdinand

Una simpatica foto degli scozzesi Franz Ferdinand.

I Franz Ferdinand sono un gruppo indie rock scozzese, uno di quelli fondamentali per capire e apprezzare pienamente il rinnovamento subito dal rock a cavallo dei due secoli XX e XXI. Adesso, dopo l’abbandono del chitarrista Nick McCarthy (secondo da sinistra nella foto), c’è chi teme per la loro sorte; ma aspettiamo a darli per morti. Di pause lunghe ne hanno già avute nel corso della loro carriera, del resto. Analizziamone dunque la produzione e i principali album.

“Franz Ferdinand”, 2004

Franz Ferdinand album

Il primo album della discografia dei FF è un assoluto capolavoro rock: considerato ormai un classico, contiene alcune delle più celebri canzoni della band, da Take Me Out a Michael, passando per This Fire e The Dark Of The Matinée. Il loro stile si trova perfettamente a cavallo fra Strokes e Rapture: quindi un indie rock ballabile e sfrontato. Insomma, un trionfo dalla prima all’ultima traccia. Uno dei CD più importanti del decennio. Voto: 9.

“You Could Have It So Much Better”, 2005

You Could Have It So Much Better

A solo un anno di distanza dal fortunato esordio, i Franz Ferdinand tornano con l’attesissimo “You Could Have It So Much Better”. Pur non replicando la magica coesione e i brani killer del primo CD, anche questo lavoro è ben fatto, con degli highlights del calibro di Do You Want To, Walk Away e la tenera Eleanor Put Your Boots On, prima vera ballata composta da Kapranos e soci. La formula inizia a essere monotona? Non sembra proprio. Voto: 8.

“Tonight: Franz Ferdinand”, 2009

tonight

Dopo due album fulminanti come i precedenti, i Franz Ferdinand si prendono una meritata pausa e, quattro anni dopo “You Could Have It So Much Better”, abbiamo il terzo LP nella loro produzione. I FF iniziano (finalmente) a cambiare leggermente pelle: il lato pop si presenta con maggior frequenza e il ritmo delle canzoni inizia a rallentare. Vero è che il miglior brano del CD, la trascinante Ulysses, richiama le atmosfere degli esordi, ma altri (come Katherine Kiss Me e la funkeggiante Can’t Stop Feeling) sono più innovativi. Non perfetto, questo “Tonight: Franz Ferdinand”, ma comunque buono. Voto: 7,5.

“Right Thoughts, Right Words, Right Action”, 2013

right thoughts

Dal titolo si può pensare di trovarsi di fronte un album prolisso; invece, mai impressione fu più sbagliata. In sole 10 tracce, i Franz Ferdinand cercano di rinnovare il loro sound, aprendo ad influenze elettroniche inattese, come in Treason! Animals e The Universe Expanded. Rimangono intatti tuttavia i richiami alle origini più rockettare, per esempio in Right Action, Evil Eye e Love Illumination. Niente di clamoroso, però un lavoro gradevole. Voto: 7.

Scheda: The Horrors

the horrors

I componenti degli Horrors: al centro il frontman Faris Badwan.

Gli Horrors sono uno dei più importanti gruppi alternative rock britannici. Partiti come uno dei tanti complessi indie inglesi, si sono successivamente evoluti secondo delle linee guida più sperimentali, accrescendo la loro reputazione presso il pubblico e la critica.

“Strange House”, 2007

strange house

Dopo un acclamato EP, già gli Horrors vengono sparati in prima pagina su NME e nominati “the next big thing” della musica inglese. Le aspettative verso di loro erano, insomma, molto elevate. “Strange House” solamente in parte le rispetta: delle 12 tracce che compongono il CD, infatti, solo Jack The Ripper e A Train Roars sono davvero belle. Insomma, non proprio un esordio da leccarsi i baffi. Voto: 7.

“Primary Colours”, 2009

primary colours

Due anni dopo è già la volta del “o la va o la spacca”. Gli Horrors sono a un bivio: cambiare radicalmente o rimestare nel solito tran tran indie rock? La risposta è fortemente innovativa, sotto tutti i punti di vista. A partire dal look (via gli atteggiamenti da goth-rock e il trucco nero e pesante), la band introduce nel suo sound forti elementi shoegaze e sperimentali, producendo un LP decisamente migliore rispetto a “Strange House”. I brani da ricordare sono Mirror’s Image, Who Can Say, la potente Do You Remember? e la conclusiva, lunghissima Sea Within A Sea, uno dei cavalli di battaglia tutt’oggi degli Horrors. Voto: 8.

“Skying”, 2011

skying

Migliorare i risultati già ottimi di “Primary Colours” non era per nulla semplice. Gli Horrors, con “Skying”, non solo lo fanno, ma riescono anche a sperimentare ulteriori ritmi e generi musicali, producendo un concept album sul cielo (come già il titolo indica) con forti influenze elettroniche e psichedeliche. Abbiamo ora un lavoro meno immediato del precedente, ma ancora più raffinato e profondo: i migliori pezzi sono le iniziali Changing The Rain e You Said, oltre alla meravigliosa Endless Blue (prima lenta, poi shoegaze scatenato), Oceans Burning e Wild Eyed (che ricorda gli Strokes). In poche parole: uno dei migliori album del 2011. Voto: 8,5.

“Luminous”, 2014

luminous

Qualcuno era giunto a paragonare gli Horrors agli Arctic Monkeys, altra osannata band rock inglese contemporanea, per la capacità di reinventarsi in ogni CD pur non perdendo in qualità. Ebbene, con “Luminous” assistiamo al primo peggioramento (sempre in termini relativi) nella carriera degli Horrors. Per la prima volta, infatti, la band non sperimenta e non si lancia in nuovi generi musicali, limitandosi a sfruttare la esplosiva miscela trovata nei precedenti due album. Brani riusciti non mancano: ricordiamo in particolare Chasing Shadows (meravigliosa la intro), la danzereccia In And Out Of Sight e I See You. Il voto non può quindi che essere positivo, ma forse ci saremmo aspettati qualcosa in più. Voto: 7,5.