Recap: febbraio 2017
Oltre ai due giovani talenti Priests e Sampha, analizzati nel precedente articolo di A-Rock, febbraio ha regalato altri ottimi CD. In particolare, abbiamo il ritorno dei veterani del rock inglese Elbow; il nuovo LP del prolificissimo Ty Segall; e il terzo album dei canadesi Japandroids.
Elbow, “Little Fictions”
Giunti al settimo lavoro di inediti, gli Elbow continuano il loro pregevole percorso artistico. Al ventesimo anno di attività (!), sono poche le band che possono vantare la loro longevità e, contemporaneamente, la medesima volontà di non adagiarsi mai su un rock prevedibile. “Little Fictions” rimanda al più bel CD del gruppo, quel “The Seldom Seen Kid” (2008) vincitore del Mercury Music Prize; tuttavia, Garvey e co. non cadono mai nell’ovvietà. Pur somigliando a tratti a pezzi da novanta del rock contemporaneo come Arcade Fire e Interpol (soprattutto in All Disco e Trust The Sun), la band mantiene una sua identità, fatta di ritmo pulsante, testi di solito riferiti all’amore e canzoni dense, ma molto riuscite, musicalmente e vocalmente. Ne sono esempio Magnificent (She Says) e la conclusiva Kindling; più prevedibile K2, ma è un peccato veniale in un album altrimenti eccellente.
Voto finale: 8.
Ty Segall, “Ty Segall”
Registrato con Steve Albimi, uno dei migliori produttori su piazza, questo “Ty Segall”, nono album dell’omonimo multistrumentista americano, è un altro tassello prezioso in una sempre più sorprendente carriera. Ty ha sempre perseguito un genere a metà fra il rock anni ’70, vicino soprattutto a Rolling Stones e Velvet Underground, e la scena indie anni ’90-‘2000, su tutti Strokes e Pavement. Il CD è un’ulteriore affermazione di questa estetica: le prime due canzoni, Break A Guitar e Warm Hands (Freedom Returned), sono davvero riuscite. In particolare Warm Hands (Freedom Returned) è un fantastico mix di hard rock, garage rock e punk. Una sorta di suite rock, tremendamente ambiziosa ma davvero bellissima. Il resto dell’album scivola via gradevolmente, ma non raggiunge i picchi di Warm Hands: Ty ha infatti posto nella seconda parte del suo nuovo LP alcune delle canzoni pop da lui scritte più intimiste di sempre, ad esempio Talkin’ e Orange Color Queen.
In generale, dunque, niente di clamorosamente rivoluzionario o innovativo per il rock, ma Ty Segall si conferma ancora una volta come una delle voci più autorevoli del settore. Ah, dimenticavo: ha appena 30 anni… Che il meglio debba ancora arrivare?
Voto finale: 8.
Japandroids, “Near To The Wild Heart Of Life”
Ridendo e scherzando, i Japandroids sono arrivati a undici anni di attività, iniziata nel lontano 2006. La produzione del duo canadese si caratterizza per un punk-rock carico e molto “da stadio”, apprezzato soprattutto in “Celebration Rock” (2012), il loro secondo CD, che li ha fatti conoscere un po’ a tutti gli amanti del rock più diretto e senza fronzoli. Con una strumentazione minimale (voce, chitarra e batteria), che ricorda i White Stripes, i Japandroids riescono comunque a intrattenere molto abilmente l’ascoltatore. Certo, questo “Near To The Wild Heart Of Life” non si avvicina alla perfezione (o quasi) di “Celebration Rock”, tuttavia non deluderà i fan più accaniti del gruppo. Notevole, per esempio, l’iniziale title track; ambiziosa la lunghissima Arc Of Bar (lunga più di 7 minuti), anche se non completamente centrata. Più prevedibile North East South West, ma non sfigura eccessivamente tra le 8 canzoni che formano l’album. In I’m Sorry (For Not Finding You Sooner), flirtano addirittura con lo shoegaze, con buoni risultati. In generale, dunque, niente di straordinario, ma 37 minuti passati ascoltando musica divertente e cantabile a squarciagola anche dai più stonati: si può anche essere soddisfatti, no?
Voto finale: 7,5.