Un altro mese è passato. Musicalmente, febbraio si è caratterizzato per il ritorno di alcuni artisti molto amati da critica e pubblico. Abbiamo analizzato i nuovi lavori di MGMT, Car Seat Headrest, Franz Ferdinand, Ezra Furman, U.S. Girls e Rhye. Buona lettura!
Car Seat Headrest, “Twin Fantasy”

Può un 25enne aver realizzato già 11 album di studio? Sì, se questo giovane risponde al nome di Will Toledo. Il geniale artista statunitense ha già oltrepassato la doppia cifra di CD, contando ovviamente anche i suoi lavori più precoci e acerbi. Tuttavia, “Twin Fantasy” occupa un posto speciale nel cuore di Toledo: questa è infatti la seconda versione dello stesso disco, la prima è stata pubblicata nel 2011 e aveva fatto conoscere a molti il talento di Toledo, allora ancora solista e impossibilitato ad avere una produzione curata a dovere. Ora che lo supporta una band al completo, un lavoro che sembrava solo un diario di un giovane omosessuale diventa uno dei migliori dischi indie rock del decennio, già candidato alla palma di album dell’anno.
Fondamentale è infatti il background di “Twin Fantasy”: Toledo narra nel CD le sue disavventure, specialmente alla luce dei turbamenti adolescenziali e della scoperta della propria omosessualità, tanto che molti testi delle 10 canzoni che compongono il disco contengono riferimenti ad amori, sia passati che vissuti al tempo della composizione. Ne sono esempio “most of the time that I use the word ‘you’, well you know that I’m mostly singing about you”; oppure “we were wrecks before we crashed into each other”. Tuttavia, Toledo ha già dimostrato di essere anche ironico nelle sue liriche: ad esempio, in Bodys canta “Is it the chorus yet? No. It’s just a building of the verse, so when the chorus does come it’ll be more rewarding”, circostanza che poi si rivelerà veritiera peraltro.
La bellezza del CD non risiede tuttavia solamente nel concept alla sua base e nei testi: come già accennato, “Twin Fantasy” è uno dei più riusciti LP della decade. Le canzoni grandiose sono numerose: le lunghissime Beach Life-In-Death e Family Prophets (Stars) sono le ancore del disco, i punti ineludibili per chi ama le composizioni rock più ambiziose. Nervous Young Inhumans ricorda i migliori Killers, Bodys ha una base ritmica pazzesca, così come Cute Thing. Risulta difficile trovare un pezzo meno efficace, tutti hanno la perfetta posizione nella tracklist e un significato ben preciso nella narrazione del disco. Magnifica, infine, la contrapposizione High To Death – Sober To Death, altro passaggio cruciale per comprendere pienamente il CD e i temi da cui scaturisce. Il risultato è un LP stupefacente, con continui cambi di direzione, spesso all’interno della stessa canzone, imprevedibile ma non per questo frammentato o confusionario. Insomma, un capolavoro fatto e finito.
Possiamo dunque concludere che il talento di Will Toledo è definitivamente sbocciato con la riedizione di “Twin Fantasy”: il giovane cantante ci aveva già mostrato parte delle sue potenzialità in “Teens Of Style” (2015) e “Teens Of Denial” (2016); mai, tuttavia, aveva prodotto CD così belli.
Voto finale: 9,5.
U.S. Girls, “In A Poem Unlimited”

Meghan Remy, che si presenta musicalmente con il nome U.S. Girls, ha prodotto il CD migliore della sua carriera. Giunta al sesto album di inediti, il progetto U.S. Girls ha trovato nuova linfa nei movimenti che promuovono la parità uomo-donna, ad esempio #MeToo. In effetti, questo “In A Poem Unlimited” è un disco fortemente politico, a testimonianza che si può parlare di temi scottanti anche attraverso la musica pop. I temi toccati da Remy sono la violenza sulle donne, gli effetti devastanti per chi subisce stupri, le conseguenze dell’amore malato… Insomma, tematiche molto attuali nel mondo contemporaneo, specialmente negli Stati Uniti, ulteriormente evidenziati dall’autoritratto presente sulla cover del disco, che ritrae una Remy piangente.
Musicalmente, il CD si inserisce nel filone pop che caratterizza la produzione di Meghan Remy, affinando le caratteristiche già individuate nei precedenti suoi lavori: rimandi chiari agli anni ’60 e ’70 del secolo scorso, con improvvise schitarrate à la St. Vincent e Prince che rendono la ricetta sempre innovativa e intrigante.
I pezzi migliori sono M.A.H., Rosebud (riferimento a “Quarto Potere”) e Pearly Gates, decisamente il brano migliore del lavoro; non male anche Time. Non convincono appieno gli inutili intermezzi Why Do I Lose My Voice When I Have Something To Say e Traviata, oltre a L-Over. In generale, tuttavia, i risultati sono eccellenti: Meghan Remy si candida ad entrare nella top 20 dei dischi del 2018 secondo A-Rock, raramente infatti abbiamo sentito LP pop così coraggiosi, politicamente ma anche musicalmente.
Voto finale: 8.
Rhye, “Blood”

Rhye è il progetto di Mike Milosh, un cantante canadese specializzato nella musica elettronica. Il primo lavoro, “Woman” del 2013, comprendeva anche Robin Hannibal, successivamente allontanatosi dalla band. Adesso Milosh dunque ha pieni poteri sul progetto; malgrado questa nuova libertà compositiva, “Blood” non si allontana molto dall’esordio di cinque anni fa.
Milosh continua ad essere fortemente concentrato su R&B e pop, creando un mix molto sexy e minimale, che richiama i lavori di Moses Sumney dell’anno passato e di Sade, oltre che del miglior Prince. Perso l’effetto sorpresa, i Rhye hanno cercato di migliorare quello che sanno fare meglio, con risultati più che buoni, tanto che il CD è candidato ad entrare nella lista dei 50 migliori del 2018.
Fra le canzoni migliori ricordiamo Count To Five, Feel Your Weight e Phoenix, mentre convincono meno Taste e Blood Knows. In generale, sorprende la facilità di Milosh e compagni di ricreare atmosfere evocative usando tecniche ormai consolidate nel panorama musicale (strumentazione minima, voce eterea…) in maniera innovativa. Malgrado l’abbandono di Hannibal, dunque, il progetto Rhye è vivo e vegeto; e promette di essere una voce importante dell’R&B degli anni a venire.
Voto finale: 8.
MGMT, “Little Dark Age”

Per gli inglesi MGMT, “Little Dark Age” è stato un parto travagliato. Il CD arriva ben cinque anni dopo l’omonimo “MGMT” del 2013, che aveva fatto storcere il naso a molti loro fans. Il nuovo lavoro rappresenta dunque un passo importante per il duo formato da Andrew VanWyngarden e Ben Goldwasser: “Little Dark Age” è il ritorno alle origini che molti speravano o un radicale cambio di passo? Beh, possiamo dire che nessuna delle due risposte è del tutto corretta. Pur introducendo decisi cambi di direzione nel sound della band, qualcosa dei vecchi MGMT resta comunque. Ma andiamo con ordine.
Già dalle prime canzoni capiamo che il pop la fa da padrone: in particolare, i riferimenti al pop anni ’80 di Duran Duran e Police, oltre a M83 e Neon Indian, è presente. Il riferimento a Neon Indian non è casuale: “Little Dark Age” contiene elementi elettronici e chillwave, che arricchiscono ulteriormente la formula degli MGMT (James). Tuttavia, non dobbiamo pensare che il disco sia poco coeso. Anzi, musicalmente è forse il più coerente dopo lo stellare esordio del 2007, quell’”Oracular Spectacular” che conteneva successi planetari come Kids, Time To Pretend e Electric Feel.
I brani migliori sono la title track, la trascinante Me And Michael (con voce à la Liam Gallagher da parte di VanWyngarden) e la più intimista Hand It Over, che chiude magistralmente il disco. Non male anche One Thing Left To Try e When You’re Small. Monotona invece When You Die e poco coinvolgente She Works Out Too Much, ma non danneggiano eccessivamente i risultati complessivi.
In conclusione, non parliamo di un capolavoro, ma nel complesso “Little Dark Age” è un LP riuscito, capace di regalare soddisfazioni ai fans del gruppo. Se la svolta pop sarà compiuta definitivamente nel prossimo futuro, la carriera degli MGMT potrà forse tornare allo splendore dei primi anni.
Voto finale: 7,5.
Ezra Furman, “Transangelic Exodus”

Il quarto album dell’autore americano Ezra Furman è il suo lavoro più convincente e compiuto. Sviluppandosi attorno a un concept molto ambizioso (la fuga d’amore del cantante e del suo compagno Angel da un mondo che non li capisce), il CD alterna momenti molto toccanti ad altri più confusi e meno convincenti, mantenendo comunque nel complesso il livello compositivo molto alto.
L’inizio ricorda molto i lavori maturi di Springsteen ed Elvis Presley, tuttavia innova il canone di questi due giganti del rock con tastiere e una batteria molto cupa, che rendono il disco ancora più intrigante. Come già detto, “Transangelic Exodus” è un concept album, con al centro un amore omosessuale: come in “Twin Fantasy”, analizzato in precedenza, però affrontato con molto più pessimismo e meno spensieratezza di Toledo. Non a caso, troviamo nei testi frasi come “I’m in love with an angel, and a government is after us, and we have to leave home because angels are illegal” oppure “Angel, don’t fight it. To them, you know, we’ll always be freaks”.
Tra i pezzi più convincenti abbiamo Suck The Blood From My Wound, Maraschino-Red Dress $8.99 At Goodwill e Love You So Bad; convincono meno I Lost My Innocence, God Lifts Up The Lowly e The Great Unknown. In generale, comunque, “Transangelic Exodus” conferma tutto il talento di Furman, uno dei più promettenti artisti americani degli ultimi anni. Al quarto album, Ezra sembra aver trovato la formula vincente: se affinerà la ricetta, il prossimo LP potrebbe essere quello della definitiva consacrazione.
Voto finale: 7,5.
Franz Ferdinand, “Always Ascending”

“Always Ascending” è il quinto album dei Franz Ferdinand, band scozzese simbolo dell’indie rock anni ’00. Al suo attivo vanta un classico come l’eponimo esordio del 2004, che contribuì a riportare il rock in cima alle classifiche ad inizio millennio, anche grazie alla hit Take Me Out. Tuttavia, la carriera del gruppo capitanato da Alex Kapranos sembrava ad un punto morto: dopo “Tonight: Franz Ferdinand” (2009) i nostri impiegarono ben quattro anni per trovare nuova linfa; non è un caso che “Right Thoughts, Right Words, Right Action” (2013) suoni leggermente diverso rispetto agli album precedenti dei FF, più elettronico e meno rock. Altre novità arrivarono con il CD collaborativo con gli Sparks del 2015, “FFS”, che rappresenta l’apertura al pop barocco del gruppo scozzese.
Insomma, l’apertura a pop ed elettronica c’era già stata nei Franz Ferdinand, mai però con la determinazione di “Always Ascending”. Al nuovo sound ha senza dubbio contribuito il cambio di formazione: il chitarrista Nick McCarthy è stato rimpiazzato da Dino Bardot e Julian Corrie, che hanno portato sensibilità diverse nella chimica del gruppo. Il risultato è un LP sinuoso e ballabile: si capisce che è un CD dei FF dalle chitarre sempre squillanti e dalla bella voce di Kapranos, tuttavia “Always Ascending” cambia la formula quel tanto da renderla attuale.
I brani migliori sono Always Ascending e Feel The Love Go, non a caso scelti come singoli di lancio del disco. Non male anche Lazy Boy e la romantica Paper Cages. Deludono invece Finally e Glimpse Of Love, che sembrano puro filler per raggiungere i canonici 40 minuti. Tuttavia, i risultati sono soddisfacenti: “Always Ascending” pare un LP transitorio, che apre una nuova stagione per i Franz Ferdinand. Chissà che questo avvicinamento alle sonorità di Hot Chip e Sparks non porti risultati nel prossimo lavoro, quando presumibilmente la svolta sarà ultimata. Non ci resta che aspettare, fiduciosi che i FF non ci deluderanno nemmeno in futuro.
Voto finale: 7.