A trent’anni dalla sua realizzazione e finalmente disponibile sui servizi di streaming, “Loveless” dei My Bloody Valentine brilla ancora oggi per la sua bellezza e la radicale svolta data al mondo del rock. Andiamo ad analizzarlo insieme.
My Bloody Valentine, “Loveless”
Nel 1991 i My Bloody Valentine erano una giovane band irlandese pronta a spiccare definitivamente il volo. Il pregevole CD di esordio “Isn’t Anything” (1988) e i successivi EP “Glider” (1990) e “Tremolo” (1991) sembravano aprire la strada ad un nuovo genere nel rock: rumoroso ma anche romantico in certi suoi aspetti, pop nella scrittura ma molto noise nella realizzazione. Era quello che oggi è noto come “shoegaze”, sorgente da cui nasceranno band come Slowdive, Lush oltre che i primi vagiti del britpop.
Non che lo shoegaze fosse completamente sconosciuto: già alcuni gruppi si erano affacciati sul panorama musicale con chiare intenzioni che guardavano in quella direzione (i Ride su tutti), ma nessuno col talento dei MBV e la sostanziale perfezione di “Loveless”. La schitarrata iniziale di Only Shallow ancora oggi dà i brividi, così come la storia d’amore narrata in When You Sleep fa ancora commuovere malgrado sia narrata su un muro invalicabile di chitarre.
Ma in cosa esattamente si sostanzia lo shoegaze e in cosa si differenzia rispetto alle altre correnti del rock? “Loveless”, essendo la vetta creativa di un intero movimento, ne è anche simbolicamente l’emblema. Chitarre fortissime, basso pressoché impercettibile, batteria fondamentale per tenere il ritmo, voci spesso scarsamente intelligibili e androgine, testi evanescenti… Insomma, un qualcosa di totalmente diverso da quello che la scena era solita apprezzare all’epoca: basti ricordare che solo sei settimane prima di “Loveless” veniva pubblicato “Nevermind” dei Nirvana, unanimemente riconosciuto come manifesto dell’intero decennio e agli antipodi musicalmente.
A colpire ancora oggi del CD è lo stato di quasi ipnosi che genera nel pubblico: ogni ascolto rivela nuovi preziosi dettagli e i 48 minuti del disco potrebbero anche passare per una singola suite piuttosto che un insieme di canzoni, strumentali o meno. “Loveless” è anche uno dei pochi LP in cui anche gli intermezzi hanno una funzione rilevante: Touched ad esempio, pur essendo lungo solo 57 secondi, fa da ponte perfettamente tra prima parte e capitolo centrale. Gli highlights immortali, tuttavia, sono altri.
Only Shallow e When You Sleep sono i brani giustamente più famosi del CD e dell’intera produzione della band capitanata da Kevin Shields. Non per questo devono passare in secondo piano la soffice Sometimes e la chiusura raffinata di Soon; ma in realtà tutti i brani si intrecciano con gli altri in maniera praticamente impeccabile.
Dare un seguito a questo capolavoro si rivelò compito insormontabile per lunghi anni per i My Bloody Valentine: “m b v” arrivò solo nel 2013! Il celebre perfezionismo di Shields si rivelò una zavorra, ma anche un modo di produrre sempre CD apprezzatissimi. Si parla di due lavori imminenti per la band irlandese: vedremo se questa volta il gruppo manterrà la parola data. Intanto godiamoci finalmente i lavori precedenti sui servizi di streaming: “Loveless” non invecchia mai, anzi come il miglior vino acquista spessore ogni anno che passa.
Voto finale: 10.