Rising: Yard Act
A-Rock inaugura il 2022 con un articolo su una giovane band post-punk inglese, gli Yard Act, il cui esordio merita attenzione. Buona lettura!
Yard Act, “The Overload”
Il disco d’esordio del gruppo nato a Leeds rappresenta un’altra incarnazione del post-punk britannico, in un’ondata apparentemente senza fine. Se pensiamo ai talenti nati negli ultimi anni Oltremanica (black midi, Black Country, New Road, IDLES, Squid, shame e Fontaines D.C. solo per citare le più rilevanti), capiamo che il fenomeno sta diventando davvero imponente.
Il bello è che ciascuna di queste band mantiene dei tratti caratteristici che le rendono diverse l’una dall’altra: lo sperimentalismo estremo dei black midi, la vicinanza degli IDLES agli slogan politici, le lunghe cavalcate degli Squid… A loro modo, inoltre, tutte hanno lasciato impronte importanti nel panorama musicale, tanto che spesso A-Rock le ha premiate con profili ad hoc e posti di rilievo nelle classifiche di fine anno. Gli Yard Act sono più inclini a mescolare il post-punk con elementi dance, sulla falsa riga dei Franz Ferdinand (Payday), ma non scordiamoci l’influenza dei The Fall (The Incident).
Il CD è stato incensato senza freni dalla stampa britannica, con numerosi 10/10 addirittura. Ma davvero merita tutte queste lodi? Diciamo che l’hype viene in parte mantenuta da “The Overload”: le performance dei membri del gruppo sono solide, il frontman James Smith si dimostra versatile… ma nulla roba l’occhio come, ad esempio, accadeva con l’esordio dei black midi “Schlagenheim” (2019) o con quello degli Squid “Bright Green Field” (2021). I migliori brani sono Land Of The Blind e l’epica Tall Poppies, mentre delude Payday. Da non trascurare infine la più lenta 100% Endurance, che chiude il disco.
Liricamente, il complesso britannico si dimostra acuto: i versi migliori sono contenuti nella traccia che dà il titolo al disco (“If you don’t challenge me on anything, you’ll find that I’m actually very nice. Are you listening? I’m actually very fucking nice!”) e in Rich (“It appears we’ve both become rich, it appears we’re both, both very, very, very rich… It appears we have no shame”), ma in generale gli Yard Act riescono, come molti loro contemporanei britannici, peraltro, a trasmettere il malessere per una Gran Bretagna in declino (paragonata a un cavallo morente in Dead Horse) e preda del capitalismo più sfrenato.
In generale, i 37 minuti di “The Overload” passano senza scossoni, né in senso positivo né negativo. Questo non è bellissimo da dirsi per una band punk-rock, ma gli Yard Act hanno tutto per emergere. Se toglieranno i tentativi più pretenziosi dalla tracklist del loro secondo lavoro, il prossimo CD potrà essere il loro manifesto definitivo.
Voto finale: 7,5.