Scheda: Girls
La storia dei Girls è stata breve ma intensa: due album, un EP e un amore incondizionato di pubblico e critica in appena due anni di attività. Infatti, Christopher Owens e Chet “JR” White, fondatori del gruppo, ne hanno decretato la fine nel 2011, a causa di dissidi interni e dei fantasmi che tormentano Owens, cresciuto in una setta religiosa americana che proibiva le cure mediche e i cui dettami hanno portato alla precoce morte del fratello, per poi trascinarlo in una discesa agli inferi, fatta di droga e prostituzione, salvata solo dalla musica. Probabilmente non è un caso che, chiuso il progetto Girls, adesso Owens faccia dischi solisti: forse è finalmente riuscito a battere i suoi demoni. Analizziamo con attenzione la brevissima carriera dei Girls, la band che poteva essere la portabandiera dell’indie rock negli anni ’10, ma che invece resterà per sempre nel mito.
“Album”, 2009
Diciamo subito che, almeno con i nomi, Owens e White non hanno mai dimostrato volontà di adeguarsi alla massa. Chiamare una band di soli uomini Girls già denota un qualche cosa di strano; nominare il primo album di inediti “Album” suona come una sfida. Sfida peraltro vinta a mani basse dai Girls: il gruppo musicalmente si rifà alla musica anni ’60, basti sentirsi le bellissime Lust For Life (stesso titolo di una celebre canzone di Iggy Pop), Laura e Big Bad Mean Motherfucker. I richiami poi sono anche per lo shoegazing (la potente Morning Light) e ai gruppi pop inglesi anni ’90, per esempio Pulp e Suede, nella bella Hellhole Ratrace. I testi affrontano soprattutto tematiche amorose, ma in modo non convenzionale, fattore che alimenta il fascino del gruppo. Infine, il basso di White e la voce di Owens servono a distinguere i Girls da gruppi contemporanei come Fleet Foxes e Real Estate. Insomma, un trionfo del revival pop/rock: un esordio da incorniciare. Voto: 9.
“Father, Son, Holy Ghost”, 2011
Dopo il successo del primo CD e un EP di pregevole qualità, “Broken Dreams Club” del 2010 (voto: 8), con i picchi delle squisite Heartbreaker e Carolina, i Girls erano attesi al varco. E la giovane band non si fa trascinare e non cerca di strafare; piuttosto, “Father, Son, Holy Ghost” perfeziona la formula vincente di “Album”, migliorando la produzione e la cura dei dettagli delle singole canzoni, oltre alla coesione generale. Perso l’effetto sorpresa, Owens e co. cercano quindi di raggiungere il picco delle loro potenzialità, citando anche i Led Zeppelin (Die). I risultati sono ancora una volta grandiosi: brani come Honey Bunny, Vomit e Forgiveness sono fantastici. Il capolavoro vero è però Alex: 4 minuti di bellissimo britpop, con forti reminiscenze degli Oasis, con strati di chitarre che si accumulano e la calda voce di Owens a tenere insieme il tutto. In poche parole, uno dei più riusciti LP dell’anno e anche del decennio. Chiusura migliore non si poteva immaginare per la carriera dei Girls. Voto: 9.