Rising: Mandy, Indiana & Blondshell

La rubrica di A-Rock che si occupa dei nuovi volti della scena musicale è dedicata oggi ai Mandy, Indiana, un gruppo di origine britannica che suona uno strano connubio di elettronica e rock sperimentale. Accanto ai Mandy, Indiana spazio anche a Blondhsell, un’artista di base a Los Angeles che suona un rock reminiscente dei primi anni ’90.

Mandy, Indiana, “i’ve seen a way”

I've Seen a Way

Tutto è bizzarro nel mondo dei Mandy, Indiana: il gruppo ha origini inglesi, ma il suo nome richiama chiaramente i paesaggi degli Stati Uniti. La frontwoman, Valentine Caulfield, è francese e canta nella sua lingua madre. Tutto fa pensare ad un esperimento surreale e destinato al fallimento, ma in realtà “i’ve seen a way” è un album ostico, abrasivo, ma non sbagliato.

L’inizio peraltro farebbe pensare ad un CD elettronico, ma più di stampo anni ’80: i synth dolci di Love Theme (4K VHS) fanno tornare alla memoria le atmosfere della serie Stranger Things. Anche la successiva Drag [Crashed], seppur maggiormente rock e dura, ha delle tendenze dance non banali.

Sono due dei migliori brani del lavoro e delineano solo in parte l’estetica del gruppo; ad esempio, la brevissima Mosaick è puro rumore bianco. Il noise trionfa anche in 2 Stripe, mentre è più tranquilla Iron Maiden. Altro brano interessante è Peach Fuzz, techno di alto livello.

Se qualcuno desidera informazioni sui testi di “i’ve seen a way”, diciamo che non sono la parte più riuscita del disco: un po’ per l’uso che Caulfield fa della sua voce, un po’ per la presenza del francese che rende tutto più musicale ma meno intelligibile, è spesso difficile capire di cosa parlino le canzoni in tracklist. Tra i versi più evocativi abbiamo l’inquietante “Everything is allowed… Finish off your opponent” (Injury Detail), mentre 2 Stripe contiene un verso più ottimista: “Always remember: there are more of us than them”.

In conclusione, “i’ve seen a way”, come annuncia il titolo, ha trovato un sottile equilibrio tra sperimentalismo e accessibilità, almeno nelle sue parti meno rumorose. Non tutto gira alla perfezione, ma nei suoi momenti migliori il CD è davvero riuscito e inserisce i Mandy, Indiana tra le migliori promesse della scena rock sperimentale d’Oltremanica.

Voto finale: 7,5.

Blondshell, “Blondshell”

Blondshell album

L’esordio di Sabrina Teitelbaum, in arte Blondshell, può suonare nostalgico verso un certo rock anni ’90, a firma Hole e Liz Phair: ragazze sicure di sé, preda di uomini spesso ingombranti (si pensi a Courtney Love e alla sua relazione con Kurt Cobain), desiderose di raccontare le loro esperienze di vita e offrire una prospettiva diversa rispetto a quella maschio-centrica secondo loro prevalente.

“Blondshell” da questo punto di vista non è quindi un album innovativo, ma l’indie rock suonato da Teitelbaum genera un CD coerente e sempre interessante: i 32 minuti di durata evitano qualsiasi effetto filler e rendono l’ascolto organico, con picchi come Kiss City e Salad. Invece, sotto la media del disco resta solo Dangerous.

Liricamente, Blondshell si propone come cantrice dei traumi della crescita e di relazioni sbagliate: “Not in a position to judge, I know with drugs there’s never enough” canta sconsolata in Sober Together. In Olympus rimpiange un amore del passato: “I’d still kill for you”, mentre in Sepsis prende in giro un ex fidanzato (che sia lo stesso di prima?): “He wears a front-facing cap, the sex is almost always bad”. I versi più potenti sono contenuti però in Salad, in cui promette di vendicare l’aggressione subita da un’amica: “She took him to the courthouse and somehow he got off… Then I saw him laughing with his lawyer in the parking lot”.

In conclusione, Sarah Teitelbaum pare incapace di cantare canzoni con un lieto fine, fatto che rende l’ascolto di “Blondshell” a tratti deprimente. Allo stesso tempo, il rock alternativo che permea buona parte del CD suona fuori tempo rispetto all’attuale panorama musicale, dominato da trap e pop, ma molto coerente e ispirato. Blondshell ha un futuro radioso davanti a sé, scommettiamo?

Voto finale: 7,5.